Storia di un pomeriggio noioso in cui ho scoperto le meraviglie di Sutri

Storia di un pomeriggio noioso che è finito in una serie di scoperte inaspettate tra specialità della Tuscia e visite a dir poco originali.

Sutri, aprile 2017

Era un pomeriggio freddo per essere il 30 aprile. Uno di quei pomeriggi di domenica un po’ depressi, in cui non sai bene cosa fare. Lavori ma vorresti distrarti, ti metti a leggere un libro ma vorresti uscire, esci ma vorresti guardare la tv, guardi la tv ma ti annoi.

Era un pomeriggio noioso, ecco cos’era.

Dopo sette anni insieme e cinque di convivenza, Andrea mi vede sul divano, intenta a pensare a cosa farne della mia vita e mi dice “vieni, ti porto in un posto bello”.

Tu cosa avresti fatto?

Cinque minuti dopo ero in auto, senza sapere quale fosse la nostra meta. A volte andare e basta è più importante della destinazione.

Dopo una quarantina di minuti arriviamo a Caprarola. Un po’ scettica scendo e mi avvicino all’immenso palazzo Farnese di cui, forse, lessi tanto tempo fa e che non conoscevo affatto. La visita si è rivelata una sorpresa continua: meravigliarsi è ancora più bello quando non ci si aspetta nulla.

Sulla strada del ritorno passiamo vicino a Sutri e vedo per l’ennesima volta il parco archeologico dove non mi ero mai fermata.

“Ti va di visitarlo?”

Cosa pensi che abbia fatto?

Ovviamente mi sono voluta fermare. Li è iniziata l’avventura.

Una volta finito il nostro giro tra necropoli etrusche ed anfiteatri romani ci siamo avventurati nell’antichissima città di Sutri. Ovviamente l’idea era di visitare il museo, le chiese e quant’altro ci fosse di interessante.

Entriamo in città e ci ritroviamo in piena festa della iuta e dell’alloro. Una visita finita a tarallucci e vino? Molto meglio. Finita a pizza fritta e birra artigianale. Come si può resistere alla pizza fritta (come quella che mi faceva la nonna da bambina!)?

E’ stato a quel punto, dopo una bella passeggiata nel mercatino enogastronomico, tra musica e delizie, che sono entrata nella cattedrale di Santa Maria Assunta. Sono scesa nella cripta del X secolo: era completamente buia.

Non filtrava neppure la luce dalla navata principale. Niente, buio completo. Ovviamente stavo tornando indietro ma poi ho pensato che chissà quando sarei ripassata a Sutri, chissà quando avrei potuto di nuovo visitare una cripta antichissima al buio da sola e chissà quando avrei potuto fare un’esperienza simile. Non ti sarebbero venute in mente le stesse domande?

Mi ha pervasa una strana sensazione, un misto di eccitazione e paura: ho acceso la torcia ed ho scoperto, a poco a poco, le sue colonne, le venature delle pietre, la bellezza dei colori. Mi è sembrato di essere sott’acqua, solo illuminando un dettaglio riuscivo a percepirne la bellezza, un po’ come quando ci si immerge.

E’ stata un’esperienza bellissima: immaginavo quando i fedeli accedevano a questi ambienti solo alla modesta luce di una candela dalla fiamma incerta. Poi c’è un altro fatto, l’odore delle cripte e degli ambienti sotterranei mi piace da impazzire. Mi sembra di entrare in un altro mondo, in un’altra epoca, in un altro tempo.

Risalendo le scale, dopo aver cercato a lungo l’interruttore della luce, ho notato una piccola cassettina: inserendo una moneta, si sarebbe acceso l’impianto di illuminazione. Ma insomma, ho visitato una cripta al buio, come se mi fossi immersa in un altro mondo (o in un film horror). Meglio che accendere la luce e basta, no?

Sono tornata a casa con gli occhi pieni di meraviglie, la pancia piena di pizza fritta e il cuore pieno di felicità. Di pomeriggi noiosi che si trasformano in esplorazioni improbabili non ce ne sono mai abbastanza.

Pero’ mettetelo un cartello con su scritto come si accende la luce nella cripta!

Elisa

Elisa

Ciao, io sono Elisa! Sono una storica dell’arte e travel blogger. Ho uno spirito nomade e adoro viaggiare per scoprire posti nuovi, scrivere e vivere nuove esperienze! Dal 2012 ho creato arttrip.it per condividere le mie esperienze di viaggio con tutti voi. Foto scattate con Panasonic GH5

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